La chiesa

Le prime tracce di una chiesa a Brinzio risalgono al 1197. Inizialmente dedicata solo a San Pietro, la chiesa sorgeva leggermente a nord della sua posizione attuale, nei pressi dell’attuale Grotta di Lourdes. Formata da una sola navata, tre altari adiacenti, un basso campanile con una o due campane si ergeva accanto a essa ed aveva un piccolo cimitero. Accanto alla chiesa, durante il XV e XVI secolo, sorgevano gli edifici oggi noti come “case colorate”, che ospitarono una comunità monastica fino al loro abbandono successivo al suo scioglimento.
Nel corso delle visite pastorali successive al 1540, i vescovi suggerirono di trasformare questi edifici in sacrestia e/o canonica, poiché la chiesa originaria era in uno stato di decadenza. Tuttavia, la comunità dovette attendere fino agli anni ’30 del XX secolo per la costruzione di una vera casa parrocchiale a causa della povertà locale. Nel 1592, il vescovo di Como, monsignor Feliciano Ninguarda, descrisse la chiesa come

«Ha una sol nave vecchia con la travatura difforme ed il pavimento tutto guasto, i muri in parte rotti, in parte depinti de vecchie figure […] Nello stesso altar maggiore non è alcun tabernacolo per il S. Sacramento dell’Eucaristia, perché per la miseria degli abitanti non può esservi conservato.»

La situazione rimase invariata fino alla fine del XVIII secolo quando il viceparroco, don Modesto Pozzi, raccolse le risorse necessarie per la costruzione di una nuova chiesa. Nel 1769, iniziarono i lavori per ricostruire il tetto, allargare la chiesa e innalzarne i muri, un processo che potrebbe essere considerato una riedificazione. Il progetto, in stile barocco sobrio, venne affidato al capomastro Francesco Perischetti di Ghirla e fu completato nel 1774.
La chiesa, ora dedicata ai Santi Pietro e Paolo, viene ufficialmente consacrata il 20 giugno 1779, dal vescovo di Como, monsignor Giovanni Battista Muggiasca. L’anniversario è ricordato ogni anno nella terza domenica di giugno, come un’occasione speciale che richiama la solennità e la sacralità di quel giorno storico.
Nel 1804, fu collocata una Via Crucis, successivamente sostituita nel 1870 e nel 1920. Il 3 novembre 1813, con l’approvazione del governo della Repubblica Cisalpina, furono collocate ai lati dell’altare, due imponenti tele provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Brera. Sulla sinistra, una “Gloria di San Pietro e San Paolo” di Federico Barocci di Urbino; sulla destra, una “Natività della Vergine” di Camillo Procaccini. Nello stesso periodo, fu collocato lungo la parete sinistra della navata un pulpito dell’intagliatore Gioberti di Varese.
Nel corso dei secoli successivi, la chiesa fu soggetta a varie modifiche e restauri. Nel 1805, venne installato il primo organo a canne, seguito da ulteriori interventi nel 1825 e nel 1876. Nel 1903, il campanile ereditato dalla chiesa precedente fu ricostruito ed innalzato e dotato di un nuovo concerto di 5 campane in RE maggiore.
Dopo il primo conflitto mondiale, l’artista Annibale Ticinese, di Semiana Lomellina, dipinse un primo ciclo di affreschi, a scioglimento di un voto della popolazione locale, seguito da un secondo ciclo, unito ad un restauro generale, nel secondo dopoguerra.
Nel 2002 venne effettuato un primo restauro del campanile, ripreso negli anni 2016/2017 contestualmente al restauro generale esterno e il rifacimento del tetto della chiesa. Nel 2020, venne smontato l’organo Maroni-Biroldi, con l’obiettivo di restaurarlo per ripristinare le sue caratteristiche originali, venute meno dopo i lavori di spostamento del 1947, i lavori terminarono nel giugno del 2023.

La struttura

La struttura della chiesa si distingue per una pianta a croce latina, stranamente rovesciata: il presbiterio infatti si estende maggiormente rispetto al braccio che si affaccia sul sagrato. Questa scelta è stata dettata solo in un secondo momento, dalla necessità di non ridurre troppo la piazza esterna. La navata singola è affiancata da due cappelle simmetriche che formano il transetto: a nord si trova quella dedicata alla Madonna del Rosario, mentre a sud si erge quella di Sant’Antonio da Padova.
La chiesa è arricchita da tre altari, realizzati in pregiati marmi policromi. L’altare maggiore è stato appositamente concepito per questa chiesa, mentre gli altri due sono stati acquistati da due chiese dismesse nella zona milanese, una scelta che ha coniugato la bellezza artistica con la frugalità economica. Balaustre in marmo delimitano gli altari, chiuse da graziosi cancelletti centrali in ferro battuto. Il pavimento, impreziosito da motivi geometrici trapezoidali, è realizzato con una raffinata combinazione di pietra bianca e nera, conferendo all’ambiente un’eleganza senza tempo.